PORTO SAN GIORGIO “Ci sono dei casi in cui, alcune proposte politiche, rare a dire il vero, trovano un riscontro negativo unanime tra i cittadini sangiorgesi e la proposta del consigliere Agostini ne è un triste esempio. Oggi la politica fa un ulteriore passo indietro nella credibilità: da un primo cittadino che per rifare il lungomare sarebbe pronto a vendersi la casa comunale, passiamo ad un ex sindaco che si venderebbe l’intera città".
riflessioni a distanza tra il coordinatore sangiorgese di Fratelli d’Italia, Emanuele Morese, e il consigliere cento per cento civico Andrea Agostini che ha lanciato l’idea di "fondere" i comuni di Fermo e Porto San Giorgio in uno solo. “Dispiace sentire queste sparate alzo zero contro quella che è l’identità e il senso di appartenenza dei cittadini alla loro comunità territoriale. Sangiorgesi e fermani non sono diversi perché l’uno è più bravo dell’altro ma perché hanno delle storie e delle tradizioni che si differenziano e volerle cancellare con un colpo di spugna sarebbe una violenza inaccettabile. In questo – spiega Morese – Agostini ha la delicatezza di un curatore fallimentare. I Comuni, grande patrimonio dell’Italia, hanno una funzione centrale nella vita dei cittadini e secondo me rappresentano il futuro del nostro Paese in termini di qualità di vita e vicinanza ai bisogni dei cittadini. Spiegare ai Sangiorgesi, che l’idea di una fusione permetterebbe di sfondare il patto di stabilità e regalarci un nuovo lungomare, significa cancellare la storia di due importanti città del fermano solo per far quadrare i conti. I cittadini – continua pungente Morese - all’idea di formulare un quesito referendario dove chiedere ai cittadini se procedere con l’unificazione si sono già espressi e chiedere un secondo referendum porterà lo stesso risultato. Agostini, inspiegabilmente, è molto vicino alla politica del Pd regionale e questo è un dato che fa riflettere. Unire i due Comuni non dimezzerebbe i problemi ma finirebbe solo per raddoppiarli poiché Fermo e Porto San Giorgio hanno delle differenze territoriali enormi che mal si gestirebbero in un’unica soluzione. Non è una questione di campanilismo o di poltrone, e parla uno che non ne ha, ma si tratta solo di buon senso e di rispetto delle tradizioni e della storia delle città. La proposta è simbolo di un modo semplicistico e frettoloso di sistemare questioni che hanno bisogno di maggiore ponderatezza. Oggi la politica fa un ulteriore passo indietro nella credibilità: da un primo cittadino che per rifare il lungomare sarebbe pronto a vendersi la casa comunale, passiamo ad un ex sindaco che si venderebbe l’intera città. Sembra la gara a chi la spara più grossa. Speriamo che l’amico Agostini ci ripensi prima di partire per questo nuovo, inutile Vietnam”.
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